voce nasale

VOCE NASALE E CANTO

Sebbene qualche cantante abbia fatto della sua voce nasale una caratteristica di successo, non si può dire che la nasalità conferisca piacevolezza al suono, né tanto meno che sia un attributo da ricercarsi. Essa rappresenta, piuttosto, un difetto. Nel canto una buona produzione vocale si caratterizza per un suono rotondo, pieno e bilanciato a livello della risonanza. Questo tipo di emissione sonora si ottiene quando il palato molle è sollevato, ossia, quando la cavità nasale è totalmente esclusa (fatta eccezione per i fonemi nasali).

Le cavità nasali contribuiscono alla risonanza?

Diversi studi indicano che il buon cantante non sfrutta le cavità nasali durante il canto, ovvero che i seni paranasali non contribuiscono acusticamente al suono emesso. Se ostruiamo  le fosse nasali o i seni paranasali di un buon cantante, le analisi acustiche non sono in grado di differenziare i suoni emessi a naso libero o a naso occluso. Quello che la didattica definisce come “portare il suono in maschera”, si riferisce in realtà ad una percezione vibratoria soggettiva delle strutture ossee, piuttosto che al loro utilizzo come risuonatori.

Nella lingua italiana, le vocali e la maggior parte delle consonanti sono tutte a risonanza orale: dunque si capisce l’importanza del sollevamento del palato molle per la loro produzione. Fanno eccezione i fonemi nasali (m,n,gn), che vengono realizzati attraverso una posizione bassa del velo, e, quindi, attraverso il passaggio dell’onda sonora nelle cavità nasali. Un utilizzo eccessivo delle cavità nasali come risuonatori è scorretto, e viene definito voce nasale.

Il più delle volte, la voce  nasale è il risultato di alcuni atteggiamenti errati: un palato molle abbassato, una spinta eccessiva della pressione del fiato attraverso la laringe (con conseguente gola chiusa), una forte tensione alla radice della lingua, accompagnata da una posizione della mandibola in avanti.

Cosa si intende con il concetto di “maschera”?

Anche quando la voce viene prodotta correttamente, solo una parte dell’energia sonora esce dalla bocca, il resto rimane all’ interno e si riflette nelle cavità, producendo vibrazioni. Da queste nascono sensazioni in varie parti del corpo, queste parti costituiscono la “maschera”. A volte, purtroppo, tali sensazioni vibratorie secondarie sono confuse con un ruolo reale del delle cavità nasali nella produzione di un suono equilibrato e corretto, favorendo il diffondersi dell’uso della voce nasale.

Cosa comporta la nasalizzazione del suono?

Quando articoliamo i suoni l’obiettivo dovrebbe essere quello di creare una cavità di risonanza che potenzi alcune specifiche lunghezze d’onda, ossia quelle armoniche che ci consentono di riconoscere una vocale dall’ altra, un fonema da un altro. Ma se, per esempio, una vocale viene prodotta sfruttando la cavità nasale, se ne abbatte la sonorità. La nasalizzazione, infatti, ostacola le lunghezze d’onda caratteristiche delle vocali, e ne riduce notevolmente l’intensità, determinando di fatto una distorsione del suono. La  voce nasale è provvista di una minore energia acustica, la quale garantisce alla voce di essere udita oltre l’orchestra.

VOCE NASALE E CANTO: NON TUTTO IL MALE VIENE PER NUOCERE

Abbiamo già detto della voce nasale e di come il suo utilizzo nel canto sia sgradevole ed inappropriato. Tuttavia esistono alcune situazioni in cui la voce nasale può essere utilizzata in prova come  strumento didattico per la correzione di alcuni difetti.

Quando il ricorso alla voce nasale è utile

Possiamo dire che non tutto il male viene per nuocere e che il ricorso alla voce nasale, normalmente ritenuto un difetto, può rivelarsi utile in alcuni casi. Per esempio una voce affaticata può beneficiare della nasalizzazione, così come i cantanti che hanno la tendenza a “spingere” troppo. La voce nasale viene usata dai logopedisti per correggere il soggetto che canta “di gola”: facendo percepire al cantante il difetto opposto al suo, lo si aiuta ad alleggerire il carico sulle corde vocali. Cantare “col naso” di fatto è riposante e può aiutare ad impiegare meno sforzo nell’emissione di suoni acuti. Chiaramente il suono non sarà altrettanto gradevole che nella corretta emissione: la voce nasale si caratterizza per un suono ottuso, con poca proiezione e una pronuncia meno chiara delle parole, quindi va usata solo come esercizio. E’ chiaro che l’utilizzo della voce nasale non vuole essere finalizzato ad impostare il cantante (cosa che richiederà un lavoro ulteriore di bilanciamento), ma semplicemente è il modo più immediato per fare riposare le sue corde vocali. L’impiego della voce nasale, nel cantante che si serve eccessivamente della componente muscolare laringea per dare intensità al suono, gli permette di liberarsi da quegli atteggiamenti di forzatura. Superato questo primo livello saranno necessari ulteriori esercizi per imparare a produrre un suono corretto che non sia nasale né di gola.

Un esercizio indicato per migliorare la percezione della “maschera” sono i vocalizzi ascendenti eseguiti eseguiti sulla vocale “u”. Nel pronunciare “u” abbassare completamente la mandibola. Mantenere la bocca in forma di “u” e senza muovere il mento pronunciare mentalmente una “a” alzando solo la parte superiore della faccia.

Esercizi per correggere la voce nasale

Tra gli esercizi che invece servono a correggere la voce nasale potete provare i seguenti. Mentre eseguite i vocalizzi mantenete la lingua in una posizione leggermente arcuata, la lingua ovviamente cercherà di “ribellarsi”, ma potrete apprezzare la bellezza del suono vocalico.
Respirate sulla mano. Mettete la mano a piatto, ponetela di traverso nella bocca e respirate sopra la mano: avvertirete uno stiramento del palato molle (ottimo sistema per liberarsi dalla voce nasale).
Bilanciate toni alti e bassi. Eseguite dei vocalizzi “muti” sulla consonante M tenendo la lingua tra le labbra, mentre fate questo pensate di creare uno spazio per le vocali dietro la lingua; dopo di che continuate il vocalizzo sulle vocali: noterete che ci sarà un maggiore equilibrio tra suoni alti e bassi, grazie all’apertura dello spazio faringeo.

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