Jephte: Il brano
Carissimi si afferma come maestro dell’Oratorio Sacro nel 1650. Il suo lavoro, Jephte, viene citato nell’influente Musurgia Universalis di Kircher, per la sua capacità di spostare “le menti degli ascoltatori a qualunque affetto desidera”. Jephte è un adattamento della storia tratta dall’Antico Testamento (Giudici 11:28-40) della battaglia degli israeliti contro Ammon.
Per sconfiggere il nemico, Iefte fa voto a Dio di sacrificargli la prima persona che gli fosse venuta incontro dopo la vittoria. Gli si presenta sua figlia, e alla gioia del trionfo si contrappone lo straziante dolore per il sacrificio. La figlia accetta il voto del padre, ma chiede di piangere il suo destino ritirandosi sui monti per sessanta giorni.
L’oratorio è diviso in tre momenti narrativi: la battaglia, i festeggiamenti e la tragica conclusione. A ciascuna di queste Carissimi attribuisce una forte connotazione. Differenzia ritmi, dinamiche e modula fortemente il tono nella scena in cui Iefte vede la figlia. Tutta l’opera si caratterizza per figure retoriche che sottolineano lo stato emotivo. Ripetizioni ed eco descrivono la concitazione della battaglia, cromatismi e aspre dissonanze il pianto e la tragedia. Carissimi fa un uso sapiente della polifonia.
Il coro in genere è la parte più dinamica: commenta l’azione, reagisce agli avvenimenti con forte partecipazione. L’azione si muove tra gli interventi di solisti: l’Historicus, il narratore della storia biblica, e i protagonisti. Tra questi ultimi i dialoghi sono resi tramite il recitativo (impostazione parola-per-parla con accompagnamento di basso continuo – invenzione Monteverdiana) o l’arioso (stile più lirico, in cui le frasi possono essere brevi e ripetute, o più complesse, per conferire un effetto espressivo).
Di fatto Carissimi stabilisce i prototipi degli “umori musicali”, con figure esemplari per scene di battaglia, canti di trionfo, separazione dolorosa e lutto doloroso. Elementi musicali bene definiti illustrano i vari stati d’animo.
Jephte: L’autore
Giacomo Carissimi nasce nel 1605 a Marino, borgo sulle colline circostanti Roma. Appena adolescente, si unisce al coro della cattedrale di Tivoli e diventa organista. Nel 1628 è maestro di cappella nella chiesa di San Rufino ad Assisi. Nel dicembre del 1629, gli viene offerta una cattedra presso l’Università Tedesca di Roma e la posizione di maestro di cappella presso la chiesa di Sant’Apollinare. Qui rimane per 44 anni, fino alla sua morte, nel gennaio 1674.
Il Collegio Germanico Ungarico era stato fondato nel 1552 per addestrare i Gesuiti a servire come missionari nelle terre protestanti tedesche. A partire dal 1570, grazie a maestri come Tomás Luis de Victoria, diviene un luogo rinomato. I rapporti descrivono cardinali, ambasciatori, prelati, che frequentano i servizi della chiesa di Sant’Apollinare per la musica raffinata, e questa reputazione si cementa durante la direzione di Carissimi.
Carissimi dimostra una straordinaria abilità come compositore e musicista, abbinata ad una altrettanto straordinaria mancanza di ambizione. È noto il suo rifiuto per posizioni importanti (tra cui un’offerta per sostituire Monteverdi alla Cattedrale di San Marco a Venezia). Carissimi in vita non ha mai pubblicato nessuna delle sue musiche. Dopo il 1773, i documenti ufficiali e i manoscritti del Collegio Germanico vengono distrutti. Di conseguenza, abbiamo una scarsa documentazione, e le composizioni che conosciamo di Carissimi provengono da copie fatte dai suoi allievi.
La nascita dell’Oratorio
Sappiamo che Carissimi ha lavorato ampiamente con la Congregazione dell’Oratorio. Questa era una comunità di fedeli laici organizzata da Filippo Neri. Neri cerca di educare e convertire la gente con esercizi spirituali informali. Questi esercizi includono sermoni, colloqui e drammatizzazioni vernacolari di storie bibliche. Prima di affermarsi come genere musicale, l’Oratorio indica in effetti lo spazio che Filippo Neri aveva destinato agli esercizi spirituali comunitari. La musica qui eseguita chiama a raccolta due differenti ceti sociali: il popolo, per il quale le rappresentazioni sono parafrasi del testo biblico in lingua volgare; le famiglie aristocratiche romane, a cui sono destinati i drammi sacri in latino, composti da musicisti eccellenti.
Cantemus – Jephte : Spartito e MP3
Cantemus – Jephte (G.Carissimi) – SATB pdf